15/11/09

Ciò che è giusto e ciò che non lo è!!!

Ho trovato questo materiale sul web, non potevo non condividerlo... dice Joda "troppo importante ciò è non venirlo a leggererlo per" GRAZIE MAESTRO.

COSE DA DIRE A LETTO
"Mi fai impazzire"
"Ti sfondo"
"Voglio farti godere/venire"
"Ti scoperei anche morta/o"
"Voglio venirti dentro"
"Ho voglia di berti"
"Aprimi in due..."
"Bravo porco..bravo"
"Mi piace il tuo cazzo"
"Hai il cazzo più bello del mondo"
"Sono la tua...ninfomane/puttanella..."
"Mettimelo tutto dentro...lo voglio sentire arrivare in gola"
"Sbattimi più che puoi..."
"Voglio sentire la tua calda..."
"Continua spingilo, spingilo"

DA EVITARE ASSOLUTAMENTE A LETTO
"Mi puoi passare il telecomando?"
"Ripensandoci... forse è meglio spegnere la luce!"
"Hai notato che il soffitto ha bisogno di una re-imbiancata?"
"Ti sta piacendo?...ti sta piacendo?"
"Chi sa come sta andando la Roma"
"Sicura/o che non ti ho già vista/o da qualche parte?"
"Sbaglio o sei già venuto?"
"Sei così brava che potresti farlo come lavoro..."
"Mai visto uno come il tuo"
"E pensare che volevo scoparmi il/la tua amico/a!"
"Devi proprio darmi tutti questi baci, mentro lo facciamo?"
"Per quanto tempo pensi ancora di dire: sto quasi per venire"
"Voglio un bambino!"
"Mi sono ricordata di prendere la pillola...?"
"Forse sei solo fuori allenamento"

19/09/09

quelli che.... sarebbe meglio essere sinceri.

UNO

In primo luogo sono qui perché voglio far conoscere (a grandi linee)a chi leggerà queste righe nel mio blog, chi sono e come la penso, insomma voglio far conoscere qual è la mia posizione in seno alle grandi questioni della vita, desidero rendere nota la mia poetica.

In secondo luogo desidero chiedere scusa anticipatamente, per tutto quello che dirò in questa sede, ebbene si sono costretto ad ammettere che questa è la mia posizione che è la mia versione dei fatti e che quindi alla fine voi conoscerete solo le note musicali, le mie note, suonate da un pianista paraplegico.

DUE

Dunque basterà per ora il riassunto per sommi e brevi capi di ciò che penso.

Quindi:

1. Io sono di sinistra, ma una sinistra che non ha nulla che fare con il comunismo, perché (questa è forte) il sogno di Marx è fallito, per un semplice motivo, l’uomo è un’animale egoista. Quindi la mia sinistra più umilmente riconosce il diritto alla vita di ogni uomo, il diritto ad avere una vita felice e piena di soddisfazioni e infine il diritto di difendere anche chi ha idee diverse dalle mie. Insomma una sinistra che sia un po’ la mamma di tutti, che sia un po’ puttana con chi non è convinto che sia giusto aiutare il prossimo, una sinistra che riconosca a tutti il diritto alla salute, alla liberta (e a tutte le sue facce) e allo studio. Chiedo forse troppo?

2. Credo fermamente che la differenza maggiore tra sinistra e destra, stia tutta nel differente, atteggiamento che tali movimenti o per me e meglio parlare di nature, hanno verso i loro sostenitori, cioè un atteggiamento di controllo per la destra e di partecipazione per la sinistra, va da se che la dove c’è controllo c’è un governo di destra, e la dove c’è condivisione ci sia invece un governo di dì sinistra. Secondo questa semplice regola, in Cina, in Corea, e a Cuba, ci sarebbe un governo di Destra, anche se sbandierano ai quattro venti di essere paesi comunisti. Ma poi questo comunismo cosa è?

3. Io sono contro la pena di morte, ovunque sia applicata, in Cina come in America, quindi non mi dovete smerigliare i maroni con l’accusa che prima di guardare negli USA devo guardare in casa mia (cioè in Cina), perché; Primo la mia patria è dove ci sono i miei ideali, e in Cina non li vedo. Secondo non è che i morti Americani sono diversi da quelli cinesi. Un morto è un morto. Ma se mi chiedete perché allora accuso sempre gli USA e non l’Iran, la risposta è semplice non è l’Iran e ne la Cina che si sono abrogate il nome di patria della liberta e della civiltà, se non sbaglio questa è una presunzione tutta americana.

4. Sono consapevole di tutti i morti che hanno fatto i regimi Comunisti nel mondo, ma alla domanda; perché ci smerigli i coglioni a noi new fascistotti, per i morti che abbiamo fatto quando voi ne avete provocati molti di più? La risposta è duplice: uno il comunismo in Italia non c’è mai stato, il nazi-fascismo si. Due io ho smesso di riconoscere il comunismo, che per inciso è deleterio per la salute umana (come tutti gli -ismi del mondo) quanto il fascismo, Ma voi avete smesso di riconoscere il nazi-fascismo?

5. Clandestini: puzzano e probabilmente non ci amano, ma fermatevi a pensare un attimo, le mitraiate sui gommoni fermeranno questi Zombi? E ora riflettete, i cannoni della Bastiglia fermarono i rivoluzionari? No, quindi le mitraiate di oggi non fermeranno i clandestini perché questo paragone? perché il terzo stato di ieri è il terzo mondo di oggi. Dunque se in casa nostra non li vogliamo, e non vogliamo fare la fine del primo e del secondo stato, aiutiamoli in casa loro (oggi 1/10 della popolazione mondiale consuma 9/10 delle risorse del pianeta, ditemi se si può andare avanti così) azzeriamogli il debito che hanno con noi (tanto non lo pagheranno mai, perché oltretutto dubito che ragionino con i nostri parametri, e altresì dubito che sappiano di averlo questo debito) ED EVITIAMO DI’ USARE LE LORO RISORSE!!!

6. Religione: non credo in dio, ma questo si sa, ciò che non si sa e che non credo soprattutto nel dio della bibbia, perché? Perché avendola letta tutta non ho trovato un solo punto saliente in cui non si contraddica. Ma tra tutti i punti che vorrei discutere con voi, questo è il più difficile e quindi non volendo essere estremamente superficiale, non accennerò nemmeno cosa intendo io, per religione e perché non sopporto la chiesa cattolica S.P.A. risolvendo E riservando la discussione per tempi migliori, dove per migliori è da leggere “quando avrò più tempo” .

12/06/09

Metafora

IL PARADISO DEI CALZINI


Dove vanno a finire i calzini
quando perdono i loro vicini
dove vanno a finire beati
i perduti con quelli spaiati
quelli a righe mischiati con quelli a pois
dove vanno nessuno lo sa
Dove va chi rimane smarrito
in un’alba d’albergo scordato
chi è restato impigliato in un letto
chi ha trovato richiuso il cassetto
chi si butta alla cieca nel mucchio
della biancheria
dove va chi ha smarrito la via
Nel paradiso dei calzini
si ritrovano tutti vicini
nel paradiso dei calzini..
Chi non ha mai trovato il compagno
fabbricato soltanto nel sogno
chi si è lasciato cadere sul fondo
chi non ha mai trovato il ritorno
chi ha inseguito testardo un rattoppo
chi si è fatto trovare sul fatto
chi ha abusato di napisan o di cloritina
chi si è sfatto con la candeggina
Nel paradiso dei calzini..
nel paradiso dei calzini
non c’è pena se non sei con me
Dov’è andato a finire il tuo amore
quando si è perso lontano dal mio
dov’è andato a finire nessuno lo sa
ma di certo si trovera’ la’..
Nel paradiso dei calzini
si ritrovano uniti e vicini
nel paradiso dei calzini
non c’è pena se non sei con me
non c’è pena se non sei con me

Vinicio Capossela


commentate commentate e ancora commentate.

07/06/09

Leopardi che passione!!!

A Silvia


S

ilvia, rimembri ancora

Quel tempo della tua vita mortale,

Quando beltà splendea

Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

E tu, lieta e pensosa, il limitare

Di gioventù salivi?

Sonavan le quiete

Stanze, e le vie dintorno,

Al tuo perpetuo canto,

Allor che all'opre femminili intenta

Sedevi, assai contenta

Di quel vago avvenir che in mente avevi.

Era il maggio odoroso: e tu solevi

Così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri

Talor lasciando e le sudate carte,

Ove il tempo mio primo

E di me si spendea la miglior parte,

D'in su i veroni del paterno ostello

Porgea gli orecchi al suon della tua voce,

Ed alla man veloce

Che percorrea la faticosa tela.

Mirava il ciel sereno,

Le vie dorate e gli orti,

E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.

Lingua mortal non dice

Quel ch'io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,

Che speranze, che cori, o Silvia mia!

Quale allor ci apparia

La vita umana e il fato!

Quando sovviemmi di cotanta speme,

Un affetto mi preme

Acerbo e sconsolato,

E tornami a doler di mia sventura.

O natura, o natura,

Perché non rendi poi

Quel che prometti allor? perché di tanto

Inganni i figli tuoi?

Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,

Da chiuso morbo combattuta e vinta,

Perivi, o tenerella. E non vedevi

Il fior degli anni tuoi;

Non ti molceva il core

La dolce lode or delle negre chiome,

Or degli sguardi innamorati e schivi;

Né teco le compagne ai dì festivi

Ragionavan d'amore.

Anche peria fra poco

La speranza mia dolce: agli anni miei

Anche negaro i fati

La giovanezza. Ahi come,

Come passata sei,

Cara compagna dell'età mia nova,

Mia lacrimata speme!

Questo è quel mondo? questi

I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi

Onde cotanto ragionammo insieme?

Questa la sorte dell'umane genti?

All'apparir del vero

Tu, misera, cadesti: e con la mano

La fredda morte ed una tomba ignuda

Mostravi di lontano.

“A Silvia” ha importanza e molta, perché fonde perfettamente due qualità che le parole devono possedere per essere veramente poetiche. Cioè devono avere il valore dl sogno e insieme devono essere capaci di rievocare, devono insomma essere colme di memoria e nostalgia.

Infatti parole quali; speranza – rimembranza – giovinezza etc etc. possiedono questa doppia valenza. Non a caso Blasucci le indica tra le parole che il poeta usa di più, per rievocare la sua poesia.

Il Fubini notò che il motivo centrale della poesia non è Silvia ma è Silvia e la speranza.

Contini invece notò che il Leopardi diede carattere tonale ai valori fonici, e indica all’interno del testo varianti in contrasto con l’abitudine d’orecchio del poeta.

Dunque da “A Silvia” in poi Leopardi non ubbidisce più all’abitudine del suo orecchio, ma ubbidisce all’esigenza del valore fonico. In questo senso colpiscono i vocaboli (anzi le parole) speme – giovinezza, perché? Perché Silvia diviene speme e simbolo (allo stesso tempo della giovinezza, ed la poesia è condotta in modo che Silvia (o la giovinezza) e il poeta (o la speranza) siano un tutt’uno. Infatti nel momento in cui il poeta si ricorda di “cotanta speme “ha d’innanzi a se l’immagine dlla giovinezza che sparisce immediatamente. La poesia è fatt in modo che escluda alla nostra percezione (anche se solo per u breve momento) tutto tranne che Silvia, ma qua la giovinetta è nello stesso momento una apparizione fugace, come il passare delle stagioni che è rapidissimo. Appare Silvia che sale “il limitare di gioventù” poi si ha il maggio odoroso e subito siamo in autunno, questo passaggio rapido delle stagioni che si soma alla rapida dispersione della speranza, non indica semplicemente che è autunno, ma solo che è una stagione prossima all’inverno, ciò per rendere meglio la rapidità del passaggio.

La musica è tutta in questo incedere delle stagioni.

Leopardi fa sentire, attraverso le immagini che evoca con la sua poesia, come scorra questo alternarsi delle stagioni come scorra la storia,il degradare del calore della natura nell’uomo che avanza con la sua civiltà a prezzo della sua ricchezza d’animo. Tecnicamente rende la durata storica in relazione in contrasto con la natura, c’è la natura da un lato e dall’altro l’opera dell’uomo. Ma c’è di più, noi abbiamo assistito ad un passaggi oche di fatto non è mai avvenuto. Il passaggi di Silvia, dall’infanzia alla giovinezza, ciò perché la rapida corsa delle stagioni (la danza del tempo tremenda danza) non lo ha permesso, come dire; è apparsa, era un barlume, le stagioni si sono rincorse, essa non è più. Rimane solo il ricordo della sua bellezza”.

Il momento si Silvia sta per entrare nella giovinezza e l suo universo (e quindi l’universo intero) si sarebbe interiorizzato nell’innamoramento, è anche un attimo. La speranza non ha tempo di incarnarsi nelle realtà , di stare, di dare un frutto, che già non è più, se non lacrimata speme (una speme innaturalmente rivolata al passato).

La figura di fanciulla che Silvia incarna ma che non si realizza in pieno, ha invece l’incarnazione più feconda in un’altra “donzelletta” quella del “Sabato nel villaggio”.

In questo caso le due fanciulle si completano a vicenda e sono sovrapponibili. C’è da dire che la donzelletta è in quella poesia solo una comparsa e nulla più, invece Silvia è il centro della poesia che porta il suo nome, quindi in realtà più che in una gerarchia orizzontale e paritaria sono posizionate in una gerarchia verticale, dove la donzelletta vive solo per completare la figura di Silvia.

Come tutti i canti pisano-recanatesi, anche in questo gioca un ruolo di forza la memoria. La memoria, la rimembranza è qui (comunque) più fondamentale che altrove, perché oltre a dare al componimento un’aria di passato (e dunque di poetico) la memoria ha permesso di staccare di allontanare, di non riconoscere più quel Giacomo e quella Silvia (Teresa Fattorini). Ha permesso all’ormai trentenne, di scindersi dal se stesso adolescente, trasformandolo in un personaggio a pari della ricordata e riscoperta Silvia.

Forse è proprio per questo che per Lui la poesia è viva, come veri sono i due ragazzi, uguali nella loro diversità, uguali in quanto colti e fotografati nella loro età più bella, con tutto ciò che essa comporta (sogni, illusioni, speranze), ma diversi nella sostanza .

Qua comunque la fugacità della vita, della speranza, delle illusioni, dei sogni, non è un concetto ma un’impressione. Figura principale è Silvia, nella prima strofa viene rappresentata immediatamente dopo la sua entrata nella giovinezza, l’amore è presente ma distante , vago resta insomma sullo sfondo. Il suo sguardo è sereno, ma quanto quello sguardo anticipa quel pensoso? Quanto insomma anticipa del suo destino (Contini parlo di ossimoro discreto) e a cosa pensava mentre cantava? A quale pensiero correva dietro?

Il giovane Giacomo al suono di quella voce, abbandona per un attimo “le sudate carte” e si reca alla finestra (forse quel canto è il canto delle sirene) e ascolta e chissà forse sogna, anche lui è giovane e dunque anche lui è nell’età della speranza. Dunque di fatto ciò che accomuna i due giovani è la loro età, e lo stesso stato (entrambi cioè vivono con la convinzione che il proprio destino sarà il migliore possibile) e naturalmente il loro destino.

Qui la giovinezza è colta dal vero e fissata in una scena dal climax drammatico. Per Silvia la minaccia del fato è già reale e lo si deduce nella strofa V e nell’uso del passato, come tempo verbale, per sottolineare insomma che è questo il “tempo perduto”.

Per il poeta la cosa è più complicata. Nel testo non c’è traccia, se non in quel “anche io peria tra poco” del suo destino e quindi sembrerebbe che il poeta sia distante da Silvia, ma non è così, perché è proprio il confronto che l’io che rimembra e l’io rievocato che scatta lo scarto.

Il destino è lo stesso, perché è il narratore, anzi è l’evocato che ha il massimo grado di sincronizzazione con Silvia e non il poeta che sta ricordando e ciò è possibile, perché il narratore sa quel’è stato il destino di entrambi e in primo luogo del suo. Conosce insomma la sua storia.

Importante è sapere che il poeta desidera farci intendere che il destino dei due ragazzi è il destino di tutti e riesce a ingannarci insomma quando noi leggiamo quei versi la natura inganna anche noi non solo i due adolescenti.

In qualche modo però il sentimento rimane staccato, soave, pacato, il dolore prende la forma leggiera del lamento. E quando in ultimo la speranza - Silvia indica con la mano la “fredda morte ed una tomba ignuda”, senti una stretta al cuore con sentimento d’uomo non d’individuo.

Infine Silvia, non è quella o questa fanciulla, ma ella è l’apparire, il primo apparire della giovinezza in un cuore femminile. Di questa natura, anzi a questa natura appartengono gli “occhi ridenbti e fuggitivi” le “negre chiome” il “salire e il limitare di Gioventù” il canto”. E in fine Silvia è la è poesia nella verità della natura, nella realtà dell’esistenza e il palcoscenico è il mare, il monte in lontananza, il sole che tramonta, gli orti, le vie dorate, ed è qua che si svolge l’idillio della vita, questo mistero della natura.