Dove vanno a finire i calzini quando perdono i loro vicini dove vanno a finire beati i perduti con quelli spaiati quelli a righe mischiati con quelli a pois dove vanno nessuno lo sa Dove va chi rimane smarrito in un’alba d’albergo scordato chi è restato impigliato in un letto chi ha trovato richiuso il cassetto chi si butta alla cieca nel mucchio della biancheria dove va chi ha smarrito la via Nel paradiso dei calzini si ritrovano tutti vicini nel paradiso dei calzini.. Chi non ha mai trovato il compagno fabbricato soltanto nel sogno chi si è lasciato cadere sul fondo chi non ha mai trovato il ritorno chi ha inseguito testardo un rattoppo chi si è fatto trovare sul fatto chi ha abusato di napisan o di cloritina chi si è sfatto con la candeggina Nel paradiso dei calzini.. nel paradiso dei calzini non c’è pena se non sei con me Dov’è andato a finire il tuo amore quando si è perso lontano dal mio dov’è andato a finire nessuno lo sa ma di certo si trovera’ la’.. Nel paradiso dei calzini si ritrovano uniti e vicini nel paradiso dei calzini non c’è pena se non sei con me non c’è pena se non sei con me
“A Silvia” ha importanza e molta, perché fonde perfettamente due qualità che le parole devono possedere per essere veramente poetiche. Cioè devono avere il valore dl sogno e insieme devono essere capaci di rievocare, devono insomma essere colme di memoria e nostalgia.
Infattiparole quali; speranza – rimembranza – giovinezza etc etc. possiedono questa doppia valenza. Non a caso Blasucci le indica tra le parole che il poeta usa di più, per rievocare la sua poesia.
Il Fubini notò che il motivo centrale della poesia non è Silvia ma è Silvia e la speranza.
Contini invece notò che il Leopardi diede carattere tonale ai valori fonici, e indica all’interno del testo varianti in contrasto con l’abitudine d’orecchio del poeta.
Dunque da “A Silvia” in poi Leopardi non ubbidisce più all’abitudine del suo orecchio, ma ubbidisce all’esigenza del valore fonico. In questo senso colpiscono i vocaboli (anzi le parole) speme – giovinezza, perché? Perché Silvia diviene speme e simbolo (allo stesso tempo della giovinezza, ed la poesia è condotta in modo che Silvia (o la giovinezza) e il poeta (o la speranza) siano un tutt’uno.Infatti nel momento in cui il poeta si ricorda di “cotanta speme “ha d’innanzi a se l’immagine dlla giovinezza che sparisce immediatamente. La poesia è fatt in modo che escluda alla nostra percezione (anche se solo per u breve momento) tutto tranne che Silvia, ma qua la giovinetta è nello stesso momento una apparizione fugace, come il passare delle stagioni che è rapidissimo. Appare Silvia che sale “il limitare di gioventù” poi si ha il maggio odoroso e subito siamo in autunno, questo passaggio rapido delle stagioni che si soma alla rapida dispersione della speranza, non indica semplicemente che è autunno, ma solo che è una stagione prossima all’inverno, ciò per rendere meglio la rapidità del passaggio.
La musica è tutta in questo incedere delle stagioni.
Leopardi fa sentire, attraverso le immagini che evoca con la sua poesia, come scorra questo alternarsi delle stagioni come scorra la storia,il degradare del calore della natura nell’uomo che avanza con la sua civiltà a prezzo della sua ricchezza d’animo. Tecnicamente rende la durata storica in relazione in contrasto con la natura, c’è la naturada un lato e dall’altro l’opera dell’uomo. Ma c’è di più, noi abbiamo assistito ad un passaggi oche di fatto non è mai avvenuto. Il passaggi di Silvia, dall’infanzia alla giovinezza, ciò perché la rapida corsa delle stagioni (la danza del tempo tremenda danza) non lo ha permesso, come dire; è apparsa, era un barlume, le stagioni si sono rincorse, essa non è più. Rimane solo il ricordo della sua bellezza”.
Il momento si Silviasta per entrare nella giovinezza e l suo universo (e quindi l’universo intero) si sarebbe interiorizzato nell’innamoramento, è anche un attimo. La speranza non ha tempo di incarnarsi nelle realtà , di stare, di dare un frutto, che già non è più, se non lacrimata speme (una speme innaturalmenterivolata al passato).
La figura di fanciulla che Silvia incarna ma che non si realizza in pieno, ha invece l’incarnazione più feconda in un’altra “donzelletta” quella del “Sabato nel villaggio”.
In questo caso le due fanciulle si completano a vicenda e sono sovrapponibili. C’è da dire che la donzelletta è in quella poesia solo una comparsa e nulla più, invece Silvia è il centro della poesia che porta il suo nome, quindi in realtà più che in una gerarchia orizzontale e paritaria sono posizionate in una gerarchia verticale, dove la donzelletta vive solo per completare la figura di Silvia.
Come tuttii canti pisano-recanatesi, anche in questo gioca un ruolo di forza la memoria. La memoria, la rimembranza è qui (comunque) più fondamentale che altrove, perché oltre a dare al componimento un’aria di passato (e dunque di poetico) la memoria ha permesso di staccare di allontanare, di non riconoscere più quel Giacomo e quella Silvia (Teresa Fattorini). Ha permesso all’ormai trentenne, di scindersi dal se stesso adolescente, trasformandolo in un personaggio a pari della ricordata e riscoperta Silvia.
Forse è proprio per questo che per Lui la poesia è viva, come veri sono i due ragazzi, uguali nella loro diversità, uguali in quanto colti e fotografati nella loro età più bella, con tutto ciò che essa comporta (sogni, illusioni, speranze), ma diversi nella sostanza .
Qua comunque la fugacità della vita, della speranza, delle illusioni, dei sogni, non è un concetto ma un’impressione.Figura principale è Silvia, nella prima strofa viene rappresentata immediatamente dopo la sua entrata nella giovinezza, l’amore è presente ma distante , vago resta insomma sullo sfondo. Il suo sguardo è sereno, ma quanto quello sguardo anticipa quel pensoso? Quanto insomma anticipa del suo destino (Contini parlodi ossimoro discreto) e a cosa pensava mentre cantava? A quale pensiero correva dietro?
Il giovane Giacomo al suono di quella voce, abbandona per un attimo “le sudate carte” e si reca alla finestra (forse quel canto è il canto delle sirene) e ascolta e chissà forse sogna, anche lui è giovane e dunque anche lui è nell’età della speranza. Dunque di fatto ciò che accomuna i due giovani è la loro età, e lo stesso stato (entrambi cioè vivono con la convinzione che il proprio destino sarà il migliore possibile) e naturalmente il loro destino.
Qui la giovinezza è colta dal vero e fissata in una scena dal climax drammatico. Per Silvia la minaccia del fato è già reale e lo si deduce nella strofa V e nell’uso del passato, come tempo verbale, per sottolineare insomma che è questo il “tempo perduto”.
Per il poeta la cosa è più complicata. Nel testo non c’è traccia, se non in quel “anche io peria tra poco” del suo destino e quindi sembrerebbe che il poeta sia distante da Silvia, ma non è così, perché è proprio il confronto che l’io che rimembra e l’io rievocato che scatta lo scarto.
Il destino è lo stesso, perché è il narratore, anzi è l’evocato che ha il massimo grado di sincronizzazione con Silvia e non il poeta che sta ricordando e ciò è possibile, perché il narratore sa quel’è stato il destino di entrambi e in primo luogo del suo. Conosce insomma la sua storia.
Importante è sapere che il poeta desidera farci intendere che il destino dei due ragazzi è il destino di tutti e riesce a ingannarci insomma quando noi leggiamo quei versi la natura inganna anche noi non solo i due adolescenti.
In qualche modo però il sentimento rimane staccato, soave, pacato, il dolore prende la forma leggiera del lamento. E quando in ultimo la speranza -Silvia indica con la mano la “fredda morte ed una tomba ignuda”, senti una stretta al cuore con sentimento d’uomo non d’individuo.
Infine Silvia, non è quella o questa fanciulla, ma ella è l’apparire, il primo apparire della giovinezza in un cuore femminile. Di questa natura, anzi a questa natura appartengono gli “occhi ridenbti e fuggitivi” le “negre chiome” il “salire e il limitare di Gioventù” il canto”. E in fine Silvia è la è poesia nella verità della natura, nella realtà dell’esistenza e il palcoscenico è il mare, il monte in lontananza, il sole che tramonta, gli orti, le vie dorate, ed è qua che si svolge l’idillio della vita, questo mistero della natura.